In Umbria il percorso alla RU486 è a ostacoli

giugno 14, 2020 § Lascia un commento

Succede in Umbria dove governa la Lega.
Succede che la governatrice leghista Tesei – con il plauso del senatore  Pillon e dei Prolife – ha vietato la possibilità di interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico  in Day hospital, cancellando la norma della precedente Giunta e obbligando le donne ad andare in ospedale con ricovero di almeno tre giorni.
Il percorso per ottenere l’opzione farmacologica, è ad ostacoli in Umbria, con una maggiorazione di spese per il sistema sanitario regionale e, in epoca Covid, allungando paradossalmente le degenze.
Abbiamo in molte chiesto di favorire la diffusione dell’aborto farmacologico, a tutela della salute e dei diritti delle donne anche potenziando i consultori.
L’interruzione di gravidanza è una scelta difficile e spesso dolorosa per una donna a cui non è giustificato aggiungere l’obbligo ospedaliero.
L’emergenza Covid ha evidenziato la necessità di potenziare la sanità territoriale, consultori compresi.
RU486 UmbriaLa #Ru486 è procedura meno invasiva per la donna, che anche in Regione Lombardia da poco più di un anno si può svolgere in Day Hospital, grazie a una sollecitazione del Gruppo PD Lombardia.
In Lazio e in Toscana, l’aborto farmacologico è in via sperimentale somministrato anche nei consultori pubblici, con anche un comprovato notevole risparmio per la rete ospedaliera.


La legge194 continua invece ad essere sotto attacco, mentre dovrebbe essere semplicemente applicata, e i consultori depotenziati, mentre dovrebbero essere valorizzati.

Le indicazioni del Comitato Tecnico sulla ripartenza delle scuole.

Maggio 28, 2020 § Lascia un commento

 

Su ‘La Stampa’  sono riportate le indicazioni proposte dal Comitato scientifico nelle linee guida sulla riapertura delle scuole; questi i punti salienti:

  • riduzione dell’ora di lezione a 45 minuti
  • numeri inferiore di alunni per classe
  • ingressi scaglionati in fasce orari differenti

Problemi:

  • il 48% degli istituti scolastici non ha spazi alternativi per fare lezioni a gruppi più piccoli di ragazzi
  • bisogna garantire che ci sia la possibilità i sviluppare relazioni tra tutti gli studenti e in forma collettiva
  • mancano gli insegnanti per coprire  il raddoppio dei gruppi classe, non saranno sufficienti i precari in attesa di stabilizzazione

 

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Le donne e i rischi di disparità della Fase2 – Work -Life Balance

Maggio 24, 2020 § 1 Commento

Ho già in precedenza evidenziato quanto poco  il dibattito pubblico avesse dato rilevanza alla prospettiva femminile in questi mesi di emergenza:  le scuole chiuse, lo smart-working che è stato più che smart un over working, l’emergenza nell’emergenza del fenomeno delle violenze domestiche,  hanno messo sulle spalle delle donne un carico di fatica da novanta nel periodo del lockdown.

Sul mercato del lavoro il genere fa ancora la differenza, lo sappiamo bene, e le emergenze amplificano i divari.

In questi mesi di eccezionalità, le donne, che già prima della pandemia avevano su di loro i maggiori oneri delle responsabilità di cura, indipendentemente dal livello e posizione ricoperta, hanno visto aumentare ulteriormente questo carico, restando  nel contempo escluse dal  processo decisionale (salvo poi tardivi riconvolgimenti, a seguito delle proteste).

La Fase 2  è ancora più delicata, perché rischia  di lasciare ancora di più le donne in bilico tra “le responsabilità di cura e le necessità del lavoro, se lo hanno e lo conservano, con il timore di dovere, a breve, affrontare senza strumenti e anzi ancora più zavorrate, la conciliazione tra necessita’ familiari e lavoro” (Fuori Quota).

Un sistema di  welfare  di prossimità insufficiente e inadeguato, rischia di trasformare la ripresa in una trappola.  Se aggiungiamo la chiusura delle scuole, e dei servizi educativi e per anziani, e i nonni  indisponibili, è chiaro il rischio che finiscano relegate ancora più di prima tra le mura domestiche ad occuparsi di figli e familiari, oltre che del loro lavoro, se ce l’avranno ancora.

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E’ quindi ancora più forte la necessità di una svolta: del passaggio dalla  considerazione della parte femminile del mondo come soggetto fragile da tutelare, a risorsa su cui investire perche la società intera abbia un reale progresso e un  rilancio

Poiché la nostra cultura sconta questo divario, è indispensabile comprendere che ogni scelta politica ha un impatto diverso sulle donne e sugli uomini, e diventa importantissima la proposta elaborata da Fuori Quota di una valutazione di genere ex ante, delle policy,  da attuarsi subito.

Qui  la presentazione di Stefano Scarpetta dell’OCSE (qui la sua presentazione),e qui la  lista di proposte concrete stilate da Fuori Quota.

 

Letture  e ascolti consigliati:

PODCAST

Alessandra Casarico da Lavoce.info – La voce in capitolo: episodio 7 .

Quali saranno gli effetti del Covid-19 sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro? Lo smart-working aiuta davvero? Come è cambiata la distribuzione dei compiti di cura all’interno delle famiglie? E le risposte del governo sono state adeguate?

RICERCHE

Il Centro di Ricerca Interdipartimentale Genders dell’Università degli Studi di Milano (www.gender.unimi.it) ha avviato un progetto di ricerca sulla divisione del lavoro domestico e di cura nelle coppie con o senza figli durante l’epidemia di Covid-19 (8 marzo-18 maggio).
Aiutiamo la ricerca compilando il questionario? Grazie!
https://forms.gle/7AKWEohY7sDAJQdB8

ARTICOLI

– Women’s research plummets during lockdown – but articles from men increase

– Why Are Women-Led Nations Doing Better With Covid-19?

– Coronavirus Treatments – If More Women Are on the Board, It’s Likely Safer, New Study Finds

 

 

Antiviolenza – Perché Regione non sblocca subito i fondi ai Comuni e ne mette di propri per le case rifugio?

Maggio 4, 2020 § Lascia un commento

COMUNICATO STAMPA – Gruppo PD Lombardia

Regione Lombardia sblocchi subito i fondi statali e ne aggiunga di propri per  le Case Rifugio.

‘Mentre il Ministro per gli Affari regionali FrancescoBoccia, dà la sveglia a Regione Lombardia affinché sblocchi i fondi assegnati verso Comuni, il Consiglio Regionale respinge un emendamento a prima firma Paola Bocci, consigliera regionale del Pd, che chiede proprio risorse per i Comuni da destinare alle case rifugio che accolgono le donne vittime di violenza di genere.

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“Più volte abbiamo chiesto a Regione Lombardia di integrare le risorse statali per il contrasto alla violenza sulle donne, in particolare durante questo difficile periodo in cui all’emergenza  Coronavirus si aggiunge l’emergenza di coloro che sono costrette a stare chiuse in casa assieme ai loro maltrattanti – spiegano Bocci e la collega Antonella Forattini –. Ugualmente, abbiamo chiesto di velocizzare i trasferimenti che lo Stato ha già devoluto alle Regioni, affinché i Comuni lì abbiano disponibili subito”.
Ecco allora l’ulteriore invito delle due consigliere Pd: “Almeno Regione sblocchi quei fondi di cui il Governo ha già accelerato l’attribuzione. E, anziché bocciare la nostra richiesta che rafforza questa direzione, con più sensibilità ne aggiunga di propri”.
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Intervento al Primo Forum di Casa Comune – 30 novembre 2019

dicembre 2, 2019 § Lascia un commento

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Il 30 novembre ho portato un mio contributo al Primo Forum  di Casa Comune, all’interno del panel “Le politiche per il riscatto sociale e il lavoro e una nuova (buona) idea di sviluppo”.

Non penso sia possibile affrontare questi temi riferendosi a un soggetto indifferenziato. Senza pensare che una nuova e più sostenibile  idea di sviluppo sociale debba necessariamente partire dal  riconoscimento del  valore delle persone,  delle donne e degli uomini, in una prospettiva di parità.

Abbiamo ancora molta strada da fare.

In questo breve intervento ho cercato di mettere a fuoco le cause profonde  su cui è necessario intervenire  a partire dalla centralità del lavoro, dove le pari opportunità possono essere  raggiunte  se c’è un ripensamento collettivo sul portato delle donne, che saranno motore di crescita e sviluppo sostenibile, solo se potranno esprimere al massimo tutta la loro potenza, senza discriminazioni.

Grazie a Radio Radicale, potete  trovare qui il video del mio intervento, di cui riporto una trascrizione testuale qui di seguito.

Buongiorno grazie di essere qui, e grazie a Pierfrancesco Majorino che ci ha chiamato a raccolta per confrontarci,  nel caso di questo panel di cui faccio parte,  sulle politiche necessarie per il riscatto sociale, per il lavoro, per un nuovo sviluppo.
Come ci richiama spesso Pierfrancesco Majorino,  non lo possiamo fare senza mettere al centro il valore delle persone, riconoscendo il valore delle differenze, delle donne e degli uomini
E allora dobbiamo dirci con grande sincerità che, dal punto di vista del riconoscimento del valore, le donne sono meno uguali degli uomini.
E su questo dobbiamo impegnarci e molto.
A partire dal lavoro dove c’è grande disparità,  a cui dobbiamo rimediare al più presto, ce lo dicono  l’ONU e la UE e anche Nicola Zingaretti,  che ieri si è preso un impegno.
Nel lavoro la disuguaglianza tra i generi è evidente: le donne lavorano meno e guadagnano meno; e questo divario economico si trascina nel corso di tutta la loro vita, portando a pensioni inferiori,che hanno come conseguenza un maggiore rischio di povertà in età avanzata. 
Guadagnano meno, non su base oraria – perché per legge dobbiamo essere pagate allo stesso modo – ma in un anno, in una vita, perché il loro percorso è più discontinuo, perché fanno meno straordinari, lavorano di più a partime, spesso involontario, perché non lo scelgono. Perché fanno meno carriera, perché raggiungono meno i vertici.
Di contro hanno più responsabilità di cura e il sistema di welfare si scarica spesso sulle loro spalle: perché ci sono pochi servizi territoriali o ancora poco accessibili: pochi asili nido, poco tempo pieno nelle scuole , poche strutture assistenziali per gli anziani.
Lo dico da un punto di vista privilegiato quello della Lombardia dove il tasso di occupazione femminile supera il 60%, ma il divario persiste.
Per ridurre il divario nella buona occupazione e nella retribuzione, non basta limitare il danno, accontentandoci di  proporre e praticare politiche compensative di welfare, per lo più delle politiche di conciliazione declinate unicamente al femminile.
Su questo dobbiamo fare un cambio di passo,  e oltre ad agire sugli effetti  dobbiamo combatterne le cause  a partire dallo  SQUILIBRIO NELLA RESPONSABILITÀ DI CURA.
C’è un patto secolare, sociale e culturale, che attribuisce questa responsabilità soprattutto alle donne. Ma non vale più in una società che è profondamente cambiata, dove le donne rivestono tutti i ruoli possibili, hanno studiato e si diplomano e laureano prima e meglio dei loro coetanei.
C’è bisogno di un  nuovo patto, una nuova alleanza tra uomini e donne, fondata su una equa condivisione delle responsabilità di cura.
Dovremmo usare di più la parola condivisione.
E dobbiamo essere noi come forze progressiste a creare le condizioni di questo nuovo rapporto alla pari.
Sia con strumenti legislativi coraggiosi  che comprendano per esempio più ampi congedi parentali obbligatori ai padri, e  investimenti sul welfare di prossimità.
Sia favorendo un’azione collettiva di cambiamento culturale, che  non può che  partire dall’educazione, dalla scuola dei più piccoli e delle più piccole.
Ma  lo squilibrio nella responsabilità di cura non è l’unico ostacolo alla parità retributiva.
Se a tre anni dalla laurea, quando non c’è maternità o carico di cura che tenga li stipendi delle donne sono già inferiori è evidente che le donne patiscono uno STEREOTIPO IN QUANTO DONNE. Questo ci dice che non dobbiamo occuparci non solo delle madri, ma anche di chi non lo è ancora o non lo sarà, delle donne tutte.
E a proposito di stereotipi non dimentichiamoci che persistono anche nell’orientamento agli studi,  e che  vanno contrastati incoraggiando di più le ragazze   verso percorsi STEM scienza tecnologia, ingegneria, matematica.
La disuguaglianza non è solo un tema di discriminazionema anche di MANCATA CRESCITA: non sappiamo valorizzare il nostro capitale migliore, su cui abbiamo investito, e non lo sanno valorizzare le imprese, tutti inconsapevoli di quanto il mancato PIENO APPORTO delle donne rallenti crescita e competitività.
Un piccolo inciso, non secondario: investire sul lavoro delle donne è anche una forma di SICUREZZA SOCIALE perché donne economicamente indipendenti non saranno costrette a subire violenza e prevaricazioni ma avranno maggiori possibilità di sottrarsi, perché una delle cause  principali della violenza è la violenza economica.
Il Gender Pay Gap è una spia di come la donna sta nel mercato del lavoro, e la parità retributiva è UNA delle finestre da spalancare con interventi a più livelli.
E’ necessario  un pensiero organico,  che si traduca in politiche strutturali, una sorta di WOMEN NEW DEAL, per la parità delle donne, a partire da quella nel lavoro.
Un pensiero capace di tenere insieme cambio di paradigma, cioè una nuova alleanza tra i generi), lotta allo stereotipo, formazione, opportunità di lavoro, contrasto al lavoro povero, previdenza sociale.
È una sfida che non può essere solo della politica ma che interroga tutte e tutti (sindacati, imprese, istituzioni, università, civismo), coinvolti verso la realizzazione in prima persona verso lo stesso obiettivo.
Mi piacerebbe sapere da Aldo Bonomi, che ha citato la necessità di un “intelletto collettivo sociale”,  quale ruolo può avere  questo nuovo patto di alleanza tra uomini e donne.
Perché io penso che sia determinante per una società che supera il rancore, perché contribuirebbe a creare  una società più giusta.
Così come penso sia fondamentale tenere dentro le nuove italiane in questo processo di empowerment femminile, e forse Abubakar  Soukamaoro ci  può aiutare a capirne  i risvolti.
E caro ministro Provenzano le donne sono un motore primo formidabile, in tutte le latitudini, in tutte le velocità sociali: puntiamo su di loro per agire il riscatto di tutti i territori .
Se tutti ci impegneremo, ognuno a suo modo, e ognuno facendo la propria parte,  per il superamento di questa di disuguaglianza, allora avremo davvero uno sviluppo sociale sostenibile, perché staremo meglio tutti, uomini e donne.
Grazie.”
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Rapporto ISTAT 2018 – su Conciliazione e Lavoro

novembre 22, 2019 § Lascia un commento

 

Report Conciliazione lavoro e famiglia anno 2018 dell’Istat

Dal Rapporto ISTAT sui dati del 2018 riguardanti Conciliazione e lavoro, risulta che più del 10 % delle donne con un figlio non ha mai lavorato (la media europea è del 3,7%). A dirlo il Report Conciliazione lavoro e famiglia anno 2018 dell’Istat.

Al Sud la percentuale aumenta: è una donna su cinque a non  aver mai lavorato pwer occuparsi della cura dei figli.

Ma non è solo avere un figlio che frena la scelta (e la possibilità di lavorare) al Sud,  se il 12, 1 % delle donne (la media italiana è del  6,3% quella europea del  4,2%) dice di non lavorare per altri motivi non legati alla cura dei figli .

Grandi differenze tra occupate e non a secondo del titolo di studio,  la mancata partecipazione al mondo del lavoro è decisamente più bassa tra le donne laureate,  mentre è più alta la quota di quelle che hanno avuto una interruzione lavorativa.

 

 

Quasi un quarto degli occupati con figli al di sotto dei 14 anni, soprattutto le donne, ha dichiarato che ha cambiato qualcosa nel suo  lavoro (cambio lavoro, riduzione oraria etc) per occuparsi dei figli.

Il 38,3% delle madri occupate, più di un milione, ha dichiarato di aver cambiato modalità, contro poco più di mezzo milione di padri (11,9%).

La quota è più alta tra le occupate residenti al Centro-nord (41%), tra quelle con due o più figli minori di 15 anni (41,2%) o con figli in età prescolare (42,6%).

“Nel 2018, 12 milioni 746 mila persone tra i 18 e i 64 anni (34,6%) si prendono cura
dei figli minori di 15 anni o di parenti malati, disabili o anziani. Tra queste, quasi
650 mila si occupano contemporaneamente sia dei figli minori sia di altri familiari.
Fra i genitori occupati con figli minori di 15 anni il 35,9% delle madri e il 34,6% dei
padri lamentano problemi di conciliazione tra il lavoro e la famiglia.
Poco meno di un terzo dei nuclei familiari con figli minori usa i servizi, il 38% conta
sull’aiuto di familiari, soprattutto dei nonni, oppure di amici.” (ADNKRONOS, novembre 2019)

Fai clic per accedere a Report-Conciliazione-lavoro-e-famiglia.pdf

Distribuzione e tariffe medie dei nidi in Italia – Ricerca di Cittadinanza Attiva

ottobre 31, 2019 § Lascia un commento

Solo un bimbo su cinque può andare al nido,la percentuale di copertura a livello nazionale si attesta al 21,7% della potenziale utenza (bambini residenti sotto i 3 anni di età).

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Ma ci sono differenze notevoli tra le regioni: si va dal 34,3% dell’Umbria al 6,7% della Campania e abbiamo sei regioni sono sotto la media nazionale; la Campania è il fanalino di coda, con una copertura pari appena al 6,7%, poi seguono Calabria (8,8%), Sicilia (9,3%), Puglia (13,6%), Basilicata (14,2%), Abruzzo (19,9%).
Con la sola eccezione della Sardegna (26,1%) tutte le regioni meridionali sono ben al di sotto della media di copertura.

Sono i dati dell’Osservatorio Prezzi e Tariffe di Cittadinanzattiva, realizzato nell’ambito del progetto “Consapevolmente consumatore, ugualmente cittadino”, finanziato dal Ministero dello Sviluppo economico.
Una famiglia media in Italia per un nido spende al mese circa 303€ nell’anno in corso 2019/2020, +0,9% rispetto al 2018/19.

Dal rapporto emerge che sono 11.017 i nidi in Italia, di cui 6.767 privati e 4.250 pubblici; con in tutto 320.296, distribuiti fra 153.316 privati e 166.980 pubblici.
Abbiamo percentuali più alte di nidi pubblici in Basilicata, Emilia Romagna, Molise, Piemonte, Sicilia, Toscana, trentino Alto Adige; più nidi privati che pubblici invece in Lombardia, Calabria, Campania, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia, Sardegna, Veneto; equilibrata nelle altre regioni.

Al Nord si registrano le rette più alte, ma anche maggiori misure di agevolazione per le famiglie.
Il Lombardia la spesa media mensile per un nido comunale è di € 366,5, di cui solo il 21,7% è a carico delle famiglie, con Lecco come capoluogo più costoso in Italia, con 515€ di spesa media a famiglia.

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Il Sud è invece più contenuto sui costi, seppur in aumento rispetto all’anno precedente, ma ha meno disponibilità di posti.

La retta media più cara spetta al Trentino Alto Adige(472€ al mese in media) quella più bassa in Molise, 169€.

Nelle regioni settentrionali le famiglie spendono mediamente di più, ma ma meno dell’anno precedente, stabile la spesa al Centro e in aumento invece nelle regioni meridionali (+5,1%).

Rapporto sui costi degli asili nido

http://www.regioni.it/newsletter/n-3713/del-30-10-2019/cittadinanzattiva-rapporto-sugli-asili-nido-dellosservatorio-prezzi-e-tariffe-20398/

Distribuzione sui territori:

Quanto sono estesi i servizi nelle zone con più minori

Il nuovo piano tariffario del del trasporto pubblico a Milano.

luglio 26, 2019 § Lascia un commento

Il consiglio comunale  di Milano ha approvato il nuovo piano tariffario

Milano ha investito negli ultimi anni 140 milioni all’anno sul potenziamento del TPL locale, a fronte anche del mancato trasferimento di somme importanti dallo Stato.

Il nuovo piano si fonda sul criterio di una maggiore integrazione di tariffe e servizi con i comuni di città metropolitana, sul consolidamento e ampliamento delle agevolazioni per utenti abituali, categorie fragili, e incentivo al mezzo pubblico per i più giovani.

Il biglietto singolo, utilizzato in massima parte da utenti occasionali, avrà un aumento che se parametrato alla riduzione per gli abitanti della cintura  e alla qualità del servizio offerto, (4 linee di trasporto metropolitano, una in arrivo, corse fino a tarda sera) io continuo a giudicare  contenuto.

Qui , sul sito del Comune di Milano,  le nuove disposizioni in dettaglio, e nelle card le principali agevolazioni.

Interpellanza su Interventi in Materia di Edilizia Scolastica – Consiglio Regionale 2.7.2019

luglio 2, 2019 § Lascia un commento

Sono intervenuta in aula , illustrando un interpellanza del GruppoPD sull’edilizia scolastica.

Risulta infatti ancora inadeguato  ai bisogni,  quanto investe Regione Lombardia per interventi di manutenzione e sicurezza  sull’Edilizia scolastica: 5 Milioni sono insufficienti.

Se è vero che la competenza principale è di Stato e Enti Locali (Comuni e Città metropolitane)  e che un certo tipo di certificazione è obbligatoria solo per scuole sopra un certo numero di studenti, credo che Regione Lombardia non possa tirarsi indietro e debba soprattutto sostenere con il governo la necessità di maggiori investimenti,  supportare i comuni che non riescono  da soli a sopportare il carico economico e finanziario delle riqualificazioni, e sostenere nel raggiungimento degli standard di sicurezza sia le scuole con grandi numeri sia quelle con numeri di studenti più contenuti.

 

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COMUNICATO STAMPA

Edifici scolastici sicuri
BOCCI (PD): “APPELLO AL GOVERNO CONDIVISO, MA REGIONE INTERVENGA A SOSTEGNO DEI PICCOLI COMUNI”

Quali investimenti la Giunta regionale intende stanziare affinché la programmazione regionale in materia di edilizia scolastica possa essere realizzata? E qual è la dotazione finanziaria da destinare con la finalità di soddisfare un obiettivo espressamente dichiarato nel Programma regionale di sviluppo per promuovere la sicurezza e l’innovazione nelle strutture scolastiche lombarde?

Lo chiedeva un’interpellanza del Gruppo regionale del Pd che è stata affrontata stamattina in consiglio regionale.

“Volevamo anche sapere come la Giunta intenda operare riguardo all’assenza delle necessarie certificazioni in numerosi edifici scolastici della regione: abbiamo problemi con l’adeguamento alle norme di sicurezza, con l’igiene, con l’eliminazione delle barriere architettoniche – spiega Paola Bocci, consigliera regionale del Pd e componente della Commissione Istruzione –. Abbiamo anche chiesto se sia intenzione di Regione Lombardia avviare, d’intesa con enti locali, Anci e Upl, un piano di programmazione e investimenti volto a raggiungere la totale copertura del possesso dei certificati di collaudo statico, di prevenzione incendi, di agibilità e abitabilità al fine di assicurare un patrimonio edilizio sicuro ed efficiente”.

La risposta che Bocci e il Pd hanno ricevuto dall’assessore, li ha portati a rilanciare la loro proposta: “L’assessore regionale all’Istruzione Rizzoli ha detto espressamente che se vogliamo avere tutti gli edifici certificati e a norma servono investimenti da parte del Governo centrale. E ha invitato l’Aula a fare fronte comune per avere più risorse che permettano una programmazione triennale per la Lombardia – fa sapere Bocci –. Da un punto di vista politico, possiamo capirlo: Forza Italia, il partito dell’assessore, a Roma è in opposizione. E, in generale, accogliamo con favore l’appello al Governo. Ma di fatto rimane un problema che non capiamo, a livello amministrativo: se il compito di intervenire è dello Stato e dei Comuni, deve essere chiaro a tutti che i Comuni più piccoli non riescono finanziariamente a intervenire ed è dovere della Regione aiutarli”.

Nel contempo, secondo Bocci, “è l’assessore, che rappresenta Regione Lombardia, a dover insistere sul Governo perché i fondi vengano stanziati e siano maggiori di quelli che ci vengono dati. Sarebbe importante, ad esempio, tornare a una governance tipo quella prevista da Italia Sicura. Perché se è vero che sotto un certo numero di studenti alcuni interventi non sono obbligatori, siamo altrettanto convinti che invece si debbano fare tutti sia nella scuola del piccolo paese, che negli istituti della grande città”.

 

Testo dell’Interpellanza presentata in aula

INTERPELLANZA  CON RISPOSTA IN AULA – ITL 4030

 Al Signor Presidente del Consiglio regionale

 

OGGETTO: INTERVENTI IN MATERIA DI EDILIZIA SCOLASTICA

 

Preso atto della delibera n.1589 del 7/05/2019 “Proposta di delibera consiliare avente ad oggetto “Approvazione degli indirizzi per la programmazione degli interventi a favore del patrimonio scolastico nel triennio 2019/2021”, con la quale si individuano gli obiettivi da perseguire, le aree di intervento e i relativi strumenti finanziari per sostenere e favorire la qualificazione, riqualificazione e razionalizzazione del patrimonio edilizio scolastico regionale;

Richiamato l’Allegato A della delibera n.1589, che riporta gli interventi di programmazione, gli indirizzi per l’attuazione e i principi ispiratori della nuova programmazione, e richiamato il Programma Regionale di Sviluppo della XI Legislatura che individua come obiettivi prioritari dell’azione di governo regionale la promozione della sicurezza e dell’innovazione nelle strutture scolastiche e formative, lo sviluppo qualitativo del patrimonio edilizio e tecnologico delle istituzioni scolastiche lombarde;

Dato che, da quanto si evince dal suddetto allegato, dall’anagrafe regionale di edilizia scolastica  emerge che in Lombardia c’è un patrimonio edilizio scolastico composto da n. 5.898 edifici attivi e, ad oggi, il 69,67% degli edifici possiede il certificato di collaudo statico, il 62,38% non ha quello di prevenzione incendi, il 43,83% non ha quello di agibilità/abitabilità, il 80,59% delle scuole ha il piano di emergenza, il 70,01% degli edifici è dotato di accorgimenti per ridurre i consumi energetici e le barriere architettoniche risultano rimosse nel 80,11% degli edifici, mettendo, quindi, in evidenza quanto sia necessario un impegno di investimento e un intervento regionale nel settore dell’edilizia scolastica sia per interventi di manutenzione, riqualificazione, costruzione di edifici, ma anche per monitoraggio, adeguamento e  conseguimento di certificazioni richieste;

Ricordato che, da quanto emerge dalle tabelle 1 e 2 dell’Allegato A, per il triennio 2015 -2017 si arriva a quantificare un fabbisogno di quasi 1,1 MLEuro, per tipologie di intervento che vanno dal semplice adeguamento alle norme di sicurezza, igiene ed eliminazione di barriere architettoniche, fino alla realizzazione di nuovi edifici e confrontando l’ammontare delle richieste con i costi di investimento riportati, si evidenzia una forbice significativa tra le necessità e le risorse disponibili, le quali ammontano a circa il 23% del fabbisogno emerso; preso atto altresì, dalla tabella 2 , per il triennio 2018 – 2020 il fabbisogno quantificato ammonta a oltre 948 MLEuro;

Interpella la Giunta

 

  • per sapere quali investimenti intenda stanziare affinché tale programmazione regionale in materia di edilizia scolastica possa essere realizzata e quale sia la dotazione finanziaria da destinare con la finalità di soddisfare un obiettivo espressamente dichiarato nel Programma regionale di sviluppo per promuovere la sicurezza e l’innovazione nelle strutture scolastiche lombarde;

  • per sapere come intenda operare riguardo all’assenza delle necessarie certificazioni di numerosi edifici scolastici della regione – come l’adeguamento alle norme di sicurezza, igiene ed eliminazione delle barriere architettoniche- e se sia sua intenzione avviare, d’intesa con Enti Locali, ANCI e UPL, un piano di programmazione e investimenti volto a raggiungere la totale copertura di possesso dei certificati di collaudo statico, di prevenzione incendi, di agibilità e abitabilità al fine di assicurare un patrimonio edilizio sicuro ed efficiente.

Divario Zero – Incontro promosso dal coordinamento donne di Fiscam CGIL Milano

giugno 12, 2019 § Lascia un commento

Ieri, martedì 11 giugno, presso la Camera del Lavoro di Milano, ho partecipato alla tavola rotonda del  seminario “DivarioZero”, raccontando il percorso di approfondimento che ho condotto in Regione Lombardia e che mi ha portato a elaborare un progetto di Legge regionale sulla parità retributiva.

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Il seminario è stato promosso dal gruppo di lavoro “Articolo 37” del Coordinamento Donne milanese e lombardo, che richiamandosi alla Carta Costituzionale, rivendica per la donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni del lavoratore.
“Attraverso la lettura dei Rapporti Pari Opportunità delle proprie aziende di appartenenza, le partecipanti al gruppo di lavoro hanno gettato uno sguardo di genere sul settore, comparando alcune aziende bancarie e assicurative di diverse dimensioni, per indagare se le donne godano in effetti delle stesse opportunità di carriera e di salario rispetto ai loro colleghi.”

Il seminario è stata l’occasione per  discutere e confrontarsi sui risultati della ricerca con figure istituzionali come le Consigliere di Parità, e attori sociali, come la Responsabile del Centro Donna della Camera del Lavoro di Milano e le Segretarie confederali e di categoria a diversi livelli dell’organizzazione.

E’ sempre più necessario stabilire alleanze  per conseguire una maggiore equità di trattamento, con una pluralità di interventi, sindacali, giuridici, legislativi, oltre che culturali.

“Bisognerebbe trovare anche il modo di ingaggiarle in una competizione positiva, che utilizzi le leve della produttività e quella reputazionale, sostituendole alla solita consunta politica di riduzione dei costi.”
paola cattedrastretta

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