La formazione e la #GreenEducation, strumenti efficaci di contrasto al cambiamento climatico
febbraio 26, 2019 § Lascia un commento
Questo il mio intervento nel Consiglio Regionale straordinario chiesto dal Gruppo del Partito Democratico Lombardo.
Sostenere la Green Education
Intervento in aula il 26.02.19 – Seduta di Consiglio Regionale sui cambiamenti climatici – Proposta di Risoluzione: Misure regionali di mitigazione e contrasto ai cambiamenti climatici
Tra le varie attività che Regione Lombardia è chiamata a sostenere e a sviluppare per dare seguito a questa risoluzione, oltre ad esserci il supporto convinto all’economia sostenibile e alla riconversione ecologica, ci devono essere anche progetti e programmi mirati in materia di informazione, formazione ed educazione alla sostenibilità ambientale, oggi declinata come Green Education. Interventi che sono strettaente connessi allo sviluppo dell’economia sostenibile che ha bisogno sia di nuove competenze sia di un cambiamento culturale.
Nel 2017 è stato emanato dal MIUR e dal Ministero dell’Ambiente il “Piano per l’Educazione alla Sostenibilità” corredato da 20 azioni coerenti con gli obiettivi di Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile. Questo piano valorizza il sistema di istruzione e formazione – dalla scuola al mondo della ricerca – come strumento di cambiamento verso un modello di sviluppo sostenibile
Scuola, Università e Ricerca hanno un ruolo fondamentale nel contrasto al cambiamento climatico, per informare, formare e promuovere azioni e forme di sviluppo sostenibile, sono lo strumento per formare le nuove generazioni a una maggiore responsabilità sul rispetto del territorio, concorrono a costruire la consapevolezza delle conseguenze negative dei cambiamenti climatici sull’ambiente in cui viviamo, e per generare nuove competenze.
Rendere maggiormente consapevoli le nuove generazioni, porta benefici nel presente e nel futuro, è azione strategica nella diffusione della sostenibilità. Il Piano che ho citato, individua tra le azioni fondamentali sia la riqualificazione e l’efficientamento energetico del patrimonio scolastico sia l’educazione ambientale, in coerenza con quel piano anche Regione Lombardia, come altre istituzioni, deve sentirsi chiamata in gioco per attivare percorsi capaci di connettere lo sviluppo “green” e l’innovazione, con l’educazione e la formazione dei giovani, al fine di costruire competenze e conoscenze coerenti con lo sviluppo sostenibile del pianeta, del paese e della nostra regione.
C’è la necessità di attivare processi economici improntati alla sostenibilità, e contemporaneamente di costruire e consolidare competenze trasversali che rispondano a queste necessità urgenti, attivando una più stretta collaborazione tra sistema educativo, territorio e sistema produttivo, cioè tra scuole, agenzie formative, imprese, terzo settore ed istituzioni.
Dobbiamo darci questi obiettivi:
- Accrescere le conoscenze e competenze specialistiche, trasversali e di base, degli studenti per la formazione di nuove professionalità;
- Innovare le competenze tradizionali in chiave eco-sostenibile introducendo contenuti e metodologie didattiche innovative, negli indirizzi scolastici e nella formazione professionale,
- Sostenere la formazione di insegnanti, tutor scolastici e aziendali da coinvolgere nei processi descritti; .
- Promuovere la cittadinanza attiva e consapevole, l’educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio ambientale, culturale paesaggistico, il consumo sostenibile, nei bambini e nei ragazzi.
Obiettivi da raggiungere attivando percorsi che partono dai più piccoli per arrivare a coinvolgere gli studenti delle secondarie anche nei progetti di alternanza scuola-lavoro, stimolando le scuole ad un rapporto costruttivo con il territorio e sostenendo la formazione di insegnanti, tutor scolastici e aziendali da coinvolgere nei processi descritti, senza tralasciare di identificare percorsi di orientamento efficaci, nel passaggio tra scuola secondaria di 1° e 2° grado.
Interventi a sistema che possono essere attuati solo con una larga rete di alleanze, cioè in collaborazione con il sistema dell’istruzione, sia con l’Ufficio Scolastico Regionale,sia con il sistema della formazione professionale lombardo, con le università, le scuole di Alta formazione, i Poli di ricerca. Coinvolgendo il Terzo settore, le associazioni di categoria, e le istituzioni culturali, per costruire insieme alle scuole di ogni ordine e grado, dall’obbligo alla secondaria, ai poli accademici, progetti che hanno come focus percorsi innovativi che comprendano i principi della green economy, dell’economia circolare, l’educazione alla mobilità sostenibile e alla sostenibilità, alla corretta alimentazione, alla lotta allo spreco per far crescere cittadini attivi e responsabili.
Come già avviene in altre regioni, anche la Lombardia può attivare protocolli d’intesa per la Green Education, per favorire il processo di cambiamento culturale e orientare di più le competenze delle nuove generazioni verso i principi della Green Economy o Circular Economy. E’ ormai tempo, perché non ce ne è concesso altro.
Chiudo con le parole di Greta Thunberg, una giovane che sta scuotendo i suoi coetanei e i governi del mondo:
“Le persone ci dicono sempre di sperare tanto che i giovani riescano a salvare il mondo. Ma non possiamo, semplicemente perché non c’è abbastanza tempo per permetterci di crescere e prendere in mano la situazione”,
La SCUOLA al centro – Le mozioni a confronto
febbraio 22, 2019 § Lascia un commento
Ringrazio il Dipartimento Scuola e Formazione del Partito Democratico, per avermi invitato ad intervenire ad un confronto a 3 tra rappresentanti delle diverse mozioni per la segreteria Nazionale del Partito Democratico sui temi dell’Istruzione e della Formazione.
Tre i temi proposti al confronto:
- IL RAPPORTO TRA SCUOLA E IL LAVORO
- Il RAPPORTO TRA LA SCUOLA, IL CENTRO E LA PERIFERIA
- LA FORMAZIONE DEGLI INSEGNANTI
Temi caldi anche a fronte delle decisioni prese in Materia dall’attuale Governo.
Ho sostenuto l’importanza di non fare passi indietro sull’alternanza scuola – lavoro (che nella legge di bilancio ha visto dimezzato il monte ore dedicato) . La Legge 107 aveva reso l’ASL obbligatoria per tutte le superiori, con 400 ore nel triennio per gli istituti tecnici e professionalie 200 ore per i licei. Ora la parte obbligatoria sarà di sole 180 ore nei professionali, 150 nei tecnici e 90 nei licei. Ritengo sia un errore e un passo indietro, allo stesso tempo penso che l’alternanza vada sostenuta e rinforzata laddove presenta elementi di criticità: l’omogeneità nell’attuazione dei progetti e la valutazione degli esiti; la maggiore coprogettazione, cooperazione e continuità nei rapporti tra aziende, scuole ed enti di formazione. Nicola Zingaretti per la sua Regione ha voluto istituire un Albo Regionale degli enti ospitanti e un tavolo di monitoraggio (strumenti che utilissimi per renderla più efficace) e contemporaneamente predisponendo un fondo da utilizzare sia per la formazione degli insegnanti preposti al progetto sia per facilitare l’inserimento degli studenti con disabilità. Questa può essere una strada perché la funzione di valutazione dei risultati potrebbe essere in capo ai referenti interni dell’ASL che però devono essere adeguatamente formati e valorizzati , poiché seguire questi progetti significherà anche acquisire competenze specifiche utili per la carriera del docente.
La riflessione sull’istruzione tecnico professionale non può che partire da due dati allarmanti: dal 1990 abbiamo perso 120.000 diplomati degli istituti tecnici; comparto in cui gli iscritti sono calati del 10%, mentre crescono gli iscritti ai Licei. Contemporaneamente nel primo anno di scuola superiore si registra tassi più alti di bocciatura rispetto ad altri anni. Il mio pensiero è che l’orientamento agli studi superiori si faccia forse troppo tardi, e troppo in prossimità dell’iscrizione. C’è anche. e non secondario il tema dello scardinamento del pregiudizio sulla migliore qualità (e status conseguente) dei percorsi formativi liceali. E non ultimo lo scarso investimento sulle attrezzature e le strumentazioni degli istituti tecnici, poco aggiornate per le esigenze delle imprese di oggi. Altra sfida da cogliere è come rilanciare gli ITS istituti tecnici superiori. Se confrontiamo la situazione italiana con quella tedesca dove l’istruzione terziaria professionale ha 900.000 iscritti, e in Italia poco meno di 10.000 (2000 i diplomati nel 2018), ci rendiamo conto che questi studi sono poco valorizzati. Eppure creano le nuove professionalità legate all’industria 4.0 e rispondono alle domande di tecnici specializzati, con una occupabilità molto alta 80/90%.
Altro punto toccato dal dibattito è l’autonomia scolastica, con l’ipotesi che Ministero e regioni potrebbero occuparsi di norme generali e livelli essenziali delle prestazioni lasciando la gestione delle risorse e le scelte progettuali sui curricula alle autonomie delle scuole. Ma ad una delega di competenze maggiori deve corrispondere una maggiore disponibilità di risorse, sia personale e economica, anche per poter programmare percorsi di medio-lungo termine. E’ chiaro che la scuola tre vantaggio se il dirigente può gestire direttamente risorse e personale, sempre che non si trasformi in un burocrate, anziché rafforzare il suo ruolo di leader pedagogico, responsabile degli insegnanti della propria scuola e delle misure per migliorarne la qualità.
Il nodo della validità delle prove Invalsi è più sfaccettato e mi ha sorpreso che da entrambe le rappresentanti delle altre mozioni ci sia stata una difesa a tutto tondo.
Perché sono convinta che le prove possono aiutare a comprendere e a localizzare criticità e sofferenze del sistema scolastico e dell’acquisizione di competenze, e di conseguenza consentono di intervenire per potenziare quelle aree o anni dove le differenze sono più evidenti, investendo di più e meglio (più risorse, più innovazione, più insegnanti qualificati) .
E’ giusto che siano obbligatorie, ma non condivido la loro utilità come requisito di ammissione agli esami, perché restano prove di carattere generale, non efficaci alla valutazione del percorso individuale.
Ultima delle questioni trattate la necessità di ripristinare quel percorso formativo e progressivo in tre anni (il FIT, non ancora partito a dire il vero) per l’abilitazione piena all’insegnamento. Percorso che per la prima volta non costituiva un costo per l’insegnante, ma era retribuito.
Il Governo lo ha cancellato, ripristinando una sorta di concorsone, con la conseguenza che si potrà arrivare prima alla cattedra, ma sicuramente con una preparazione più superficiale. Dobbiamo però considerare che molti insegnanti andranno in pensione (processo accelerato dal provvedimento Quota100), e quindi ci sarà prestissimo necessità di nuovi docenti ben formati. Altro punto fondamentale nell’ambito della formazione dei docenti, dare più opportunità di formazione su nuove modalità e tecniche didattiche, più partecipative, innovative, con spiccate caratteristiche laboratoriali ( ancora troppo poco sono valorizzate); formazione che deve essere offerta a tutti, anche ai docenti già in carriera, non solo ai più giovani.
L’impatto di Quota100 sulle donne
febbraio 21, 2019 § Lascia un commento
Il provvedimento di Governo Quota100 è penalizzante per le donne, che hanno percorsi di lavoro più discontinui e retribuzioni inferiori agli uomini.
Avvantaggerà soprattutto gli uomini, soprattutto residenti al Nord in gran parte dipendenti del settore pubblico, che potranno andare in pensione prima,
“Se consideriamo lo stock dei titolari di pensione, su 9,3 milioni di assegni della gestione previdenziale Inps, 5,2 milioni sono destinate a uomini e 4,1 a donne, con una leggera prevalenza maschile. Le donne però riescono a guadagnare il diritto alla pensione solo raggiungendo il limite di età previsto per la pensione di vecchiaia (che nel 2019 sarà di 67 anni), molto difficilmente prima, proprio a causa di carriere contributive discontinue. Se restringiamo l’obiettivo solo sulle pensioni di “anzianità/anticipate” il “tasso di mascolinità” arriva al 77,5%: su un totale di 3,36 milioni, gli assegni riservati alle donne sono infatti meno di un milione” (cfr Sole 24 ORE)
Penalizzerà quindi “(..)le donne, tradite da requisiti contributivi elevati e dall’aver dovuto subire sin qui, con l’opzione donna, riduzioni molto consistenti dei trattamenti pensionistici, quando ora per lo più gli uomini potranno andare in pensione prima senza alcuna penalizzazione”.
Attente a questo campanello d’allarme, segnalato da Boeri , avevamo chiesto che ci fossero correttivi.
Richieste inascoltate, tanto che arriva la notizia che la Lega ha ritirato sia l’emendamento che prevedeva di un accredito figurativo di 3 anni per ogni figlio – a partire dal terzo (solo dal terzo sigh) – per le donne con almeno 50 anni d’età e 20 di contributi, sia l’emendamento, che prevedere quattro mesi di sconto sull’età pensionabile delle donne per ogni figlio (per un massimo di 12 mesi).
Non erano certo una rivoluzione copernicana, ma un piccolo segno di attenzione alle donne.
Sarebbe sbagliato chiedere a chi ci governa il coraggio di fare di più.
Basterebbe essere in grado di Legiferare secondo criteri di equità e Pari Opportunità
Ma non sembrano essere questi i principi che guidano le menti di chi ci governa.
Principi che non dobbiamo stancarci di richiamare.