In Umbria il percorso alla RU486 è a ostacoli
giugno 14, 2020 § Lascia un commento
Succede in Umbria dove governa la Lega.
Succede che la governatrice leghista Tesei – con il plauso del senatore Pillon e dei Prolife – ha vietato la possibilità di interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico in Day hospital, cancellando la norma della precedente Giunta e obbligando le donne ad andare in ospedale con ricovero di almeno tre giorni.
Il percorso per ottenere l’opzione farmacologica, è ad ostacoli in Umbria, con una maggiorazione di spese per il sistema sanitario regionale e, in epoca Covid, allungando paradossalmente le degenze.
Abbiamo in molte chiesto di favorire la diffusione dell’aborto farmacologico, a tutela della salute e dei diritti delle donne anche potenziando i consultori.
L’interruzione di gravidanza è una scelta difficile e spesso dolorosa per una donna a cui non è giustificato aggiungere l’obbligo ospedaliero.
L’emergenza Covid ha evidenziato la necessità di potenziare la sanità territoriale, consultori compresi.
La #Ru486 è procedura meno invasiva per la donna, che anche in Regione Lombardia da poco più di un anno si può svolgere in Day Hospital, grazie a una sollecitazione del Gruppo PD Lombardia.
In Lazio e in Toscana, l’aborto farmacologico è in via sperimentale somministrato anche nei consultori pubblici, con anche un comprovato notevole risparmio per la rete ospedaliera.
La legge194 continua invece ad essere sotto attacco, mentre dovrebbe essere semplicemente applicata, e i consultori depotenziati, mentre dovrebbero essere valorizzati.
Le donne e i rischi di disparità della Fase2 – Work -Life Balance
Maggio 24, 2020 § 1 Commento
Ho già in precedenza evidenziato quanto poco il dibattito pubblico avesse dato rilevanza alla prospettiva femminile in questi mesi di emergenza: le scuole chiuse, lo smart-working che è stato più che smart un over working, l’emergenza nell’emergenza del fenomeno delle violenze domestiche, hanno messo sulle spalle delle donne un carico di fatica da novanta nel periodo del lockdown.
Sul mercato del lavoro il genere fa ancora la differenza, lo sappiamo bene, e le emergenze amplificano i divari.
In questi mesi di eccezionalità, le donne, che già prima della pandemia avevano su di loro i maggiori oneri delle responsabilità di cura, indipendentemente dal livello e posizione ricoperta, hanno visto aumentare ulteriormente questo carico, restando nel contempo escluse dal processo decisionale (salvo poi tardivi riconvolgimenti, a seguito delle proteste).
La Fase 2 è ancora più delicata, perché rischia di lasciare ancora di più le donne in bilico tra “le responsabilità di cura e le necessità del lavoro, se lo hanno e lo conservano, con il timore di dovere, a breve, affrontare senza strumenti e anzi ancora più zavorrate, la conciliazione tra necessita’ familiari e lavoro” (Fuori Quota).
Un sistema di welfare di prossimità insufficiente e inadeguato, rischia di trasformare la ripresa in una trappola. Se aggiungiamo la chiusura delle scuole, e dei servizi educativi e per anziani, e i nonni indisponibili, è chiaro il rischio che finiscano relegate ancora più di prima tra le mura domestiche ad occuparsi di figli e familiari, oltre che del loro lavoro, se ce l’avranno ancora.
E’ quindi ancora più forte la necessità di una svolta: del passaggio dalla considerazione della parte femminile del mondo come soggetto fragile da tutelare, a risorsa su cui investire perche la società intera abbia un reale progresso e un rilancio
Poiché la nostra cultura sconta questo divario, è indispensabile comprendere che ogni scelta politica ha un impatto diverso sulle donne e sugli uomini, e diventa importantissima la proposta elaborata da Fuori Quota di una valutazione di genere ex ante, delle policy, da attuarsi subito.
Qui la presentazione di Stefano Scarpetta dell’OCSE (qui la sua presentazione),e qui la lista di proposte concrete stilate da Fuori Quota.
Letture e ascolti consigliati:
PODCAST
Alessandra Casarico da Lavoce.info – La voce in capitolo: episodio 7 .
Quali saranno gli effetti del Covid-19 sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro? Lo smart-working aiuta davvero? Come è cambiata la distribuzione dei compiti di cura all’interno delle famiglie? E le risposte del governo sono state adeguate?
RICERCHE
Il Centro di Ricerca Interdipartimentale Genders dell’Università degli Studi di Milano (www.gender.unimi.it) ha avviato un progetto di ricerca sulla divisione del lavoro domestico e di cura nelle coppie con o senza figli durante l’epidemia di Covid-19 (8 marzo-18 maggio).
Aiutiamo la ricerca compilando il questionario? Grazie!
https://forms.gle/7AKWEohY7sDAJQdB8
ARTICOLI
– Women’s research plummets during lockdown – but articles from men increase
– Why Are Women-Led Nations Doing Better With Covid-19?
– Coronavirus Treatments – If More Women Are on the Board, It’s Likely Safer, New Study Finds
Rapporto ISTAT 2018 – su Conciliazione e Lavoro
novembre 22, 2019 § Lascia un commento
Report Conciliazione lavoro e famiglia anno 2018 dell’Istat
Dal Rapporto ISTAT sui dati del 2018 riguardanti Conciliazione e lavoro, risulta che più del 10 % delle donne con un figlio non ha mai lavorato (la media europea è del 3,7%). A dirlo il Report Conciliazione lavoro e famiglia anno 2018 dell’Istat.
Al Sud la percentuale aumenta: è una donna su cinque a non aver mai lavorato pwer occuparsi della cura dei figli.
Ma non è solo avere un figlio che frena la scelta (e la possibilità di lavorare) al Sud, se il 12, 1 % delle donne (la media italiana è del 6,3% quella europea del 4,2%) dice di non lavorare per altri motivi non legati alla cura dei figli .
Grandi differenze tra occupate e non a secondo del titolo di studio, la mancata partecipazione al mondo del lavoro è decisamente più bassa tra le donne laureate, mentre è più alta la quota di quelle che hanno avuto una interruzione lavorativa.
Quasi un quarto degli occupati con figli al di sotto dei 14 anni, soprattutto le donne, ha dichiarato che ha cambiato qualcosa nel suo lavoro (cambio lavoro, riduzione oraria etc) per occuparsi dei figli.
Il 38,3% delle madri occupate, più di un milione, ha dichiarato di aver cambiato modalità, contro poco più di mezzo milione di padri (11,9%).
La quota è più alta tra le occupate residenti al Centro-nord (41%), tra quelle con due o più figli minori di 15 anni (41,2%) o con figli in età prescolare (42,6%).
“Nel 2018, 12 milioni 746 mila persone tra i 18 e i 64 anni (34,6%) si prendono cura
dei figli minori di 15 anni o di parenti malati, disabili o anziani. Tra queste, quasi
650 mila si occupano contemporaneamente sia dei figli minori sia di altri familiari.
Fra i genitori occupati con figli minori di 15 anni il 35,9% delle madri e il 34,6% dei
padri lamentano problemi di conciliazione tra il lavoro e la famiglia.
Poco meno di un terzo dei nuclei familiari con figli minori usa i servizi, il 38% conta
sull’aiuto di familiari, soprattutto dei nonni, oppure di amici.” (ADNKRONOS, novembre 2019)
Fai clic per accedere a Report-Conciliazione-lavoro-e-famiglia.pdf