In Umbria il percorso alla RU486 è a ostacoli

giugno 14, 2020 § Lascia un commento

Succede in Umbria dove governa la Lega.
Succede che la governatrice leghista Tesei – con il plauso del senatore  Pillon e dei Prolife – ha vietato la possibilità di interruzione volontaria di gravidanza con metodo farmacologico  in Day hospital, cancellando la norma della precedente Giunta e obbligando le donne ad andare in ospedale con ricovero di almeno tre giorni.
Il percorso per ottenere l’opzione farmacologica, è ad ostacoli in Umbria, con una maggiorazione di spese per il sistema sanitario regionale e, in epoca Covid, allungando paradossalmente le degenze.
Abbiamo in molte chiesto di favorire la diffusione dell’aborto farmacologico, a tutela della salute e dei diritti delle donne anche potenziando i consultori.
L’interruzione di gravidanza è una scelta difficile e spesso dolorosa per una donna a cui non è giustificato aggiungere l’obbligo ospedaliero.
L’emergenza Covid ha evidenziato la necessità di potenziare la sanità territoriale, consultori compresi.
RU486 UmbriaLa #Ru486 è procedura meno invasiva per la donna, che anche in Regione Lombardia da poco più di un anno si può svolgere in Day Hospital, grazie a una sollecitazione del Gruppo PD Lombardia.
In Lazio e in Toscana, l’aborto farmacologico è in via sperimentale somministrato anche nei consultori pubblici, con anche un comprovato notevole risparmio per la rete ospedaliera.


La legge194 continua invece ad essere sotto attacco, mentre dovrebbe essere semplicemente applicata, e i consultori depotenziati, mentre dovrebbero essere valorizzati.

Le donne e i rischi di disparità della Fase2 – Work -Life Balance

Maggio 24, 2020 § 1 Commento

Ho già in precedenza evidenziato quanto poco  il dibattito pubblico avesse dato rilevanza alla prospettiva femminile in questi mesi di emergenza:  le scuole chiuse, lo smart-working che è stato più che smart un over working, l’emergenza nell’emergenza del fenomeno delle violenze domestiche,  hanno messo sulle spalle delle donne un carico di fatica da novanta nel periodo del lockdown.

Sul mercato del lavoro il genere fa ancora la differenza, lo sappiamo bene, e le emergenze amplificano i divari.

In questi mesi di eccezionalità, le donne, che già prima della pandemia avevano su di loro i maggiori oneri delle responsabilità di cura, indipendentemente dal livello e posizione ricoperta, hanno visto aumentare ulteriormente questo carico, restando  nel contempo escluse dal  processo decisionale (salvo poi tardivi riconvolgimenti, a seguito delle proteste).

La Fase 2  è ancora più delicata, perché rischia  di lasciare ancora di più le donne in bilico tra “le responsabilità di cura e le necessità del lavoro, se lo hanno e lo conservano, con il timore di dovere, a breve, affrontare senza strumenti e anzi ancora più zavorrate, la conciliazione tra necessita’ familiari e lavoro” (Fuori Quota).

Un sistema di  welfare  di prossimità insufficiente e inadeguato, rischia di trasformare la ripresa in una trappola.  Se aggiungiamo la chiusura delle scuole, e dei servizi educativi e per anziani, e i nonni  indisponibili, è chiaro il rischio che finiscano relegate ancora più di prima tra le mura domestiche ad occuparsi di figli e familiari, oltre che del loro lavoro, se ce l’avranno ancora.

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E’ quindi ancora più forte la necessità di una svolta: del passaggio dalla  considerazione della parte femminile del mondo come soggetto fragile da tutelare, a risorsa su cui investire perche la società intera abbia un reale progresso e un  rilancio

Poiché la nostra cultura sconta questo divario, è indispensabile comprendere che ogni scelta politica ha un impatto diverso sulle donne e sugli uomini, e diventa importantissima la proposta elaborata da Fuori Quota di una valutazione di genere ex ante, delle policy,  da attuarsi subito.

Qui  la presentazione di Stefano Scarpetta dell’OCSE (qui la sua presentazione),e qui la  lista di proposte concrete stilate da Fuori Quota.

 

Letture  e ascolti consigliati:

PODCAST

Alessandra Casarico da Lavoce.info – La voce in capitolo: episodio 7 .

Quali saranno gli effetti del Covid-19 sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro? Lo smart-working aiuta davvero? Come è cambiata la distribuzione dei compiti di cura all’interno delle famiglie? E le risposte del governo sono state adeguate?

RICERCHE

Il Centro di Ricerca Interdipartimentale Genders dell’Università degli Studi di Milano (www.gender.unimi.it) ha avviato un progetto di ricerca sulla divisione del lavoro domestico e di cura nelle coppie con o senza figli durante l’epidemia di Covid-19 (8 marzo-18 maggio).
Aiutiamo la ricerca compilando il questionario? Grazie!
https://forms.gle/7AKWEohY7sDAJQdB8

ARTICOLI

– Women’s research plummets during lockdown – but articles from men increase

– Why Are Women-Led Nations Doing Better With Covid-19?

– Coronavirus Treatments – If More Women Are on the Board, It’s Likely Safer, New Study Finds

 

 

Antiviolenza – Perché Regione non sblocca subito i fondi ai Comuni e ne mette di propri per le case rifugio?

Maggio 4, 2020 § Lascia un commento

COMUNICATO STAMPA – Gruppo PD Lombardia

Regione Lombardia sblocchi subito i fondi statali e ne aggiunga di propri per  le Case Rifugio.

‘Mentre il Ministro per gli Affari regionali FrancescoBoccia, dà la sveglia a Regione Lombardia affinché sblocchi i fondi assegnati verso Comuni, il Consiglio Regionale respinge un emendamento a prima firma Paola Bocci, consigliera regionale del Pd, che chiede proprio risorse per i Comuni da destinare alle case rifugio che accolgono le donne vittime di violenza di genere.

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“Più volte abbiamo chiesto a Regione Lombardia di integrare le risorse statali per il contrasto alla violenza sulle donne, in particolare durante questo difficile periodo in cui all’emergenza  Coronavirus si aggiunge l’emergenza di coloro che sono costrette a stare chiuse in casa assieme ai loro maltrattanti – spiegano Bocci e la collega Antonella Forattini –. Ugualmente, abbiamo chiesto di velocizzare i trasferimenti che lo Stato ha già devoluto alle Regioni, affinché i Comuni lì abbiano disponibili subito”.
Ecco allora l’ulteriore invito delle due consigliere Pd: “Almeno Regione sblocchi quei fondi di cui il Governo ha già accelerato l’attribuzione. E, anziché bocciare la nostra richiesta che rafforza questa direzione, con più sensibilità ne aggiunga di propri”.
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Intervento al Primo Forum di Casa Comune – 30 novembre 2019

dicembre 2, 2019 § Lascia un commento

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Il 30 novembre ho portato un mio contributo al Primo Forum  di Casa Comune, all’interno del panel “Le politiche per il riscatto sociale e il lavoro e una nuova (buona) idea di sviluppo”.

Non penso sia possibile affrontare questi temi riferendosi a un soggetto indifferenziato. Senza pensare che una nuova e più sostenibile  idea di sviluppo sociale debba necessariamente partire dal  riconoscimento del  valore delle persone,  delle donne e degli uomini, in una prospettiva di parità.

Abbiamo ancora molta strada da fare.

In questo breve intervento ho cercato di mettere a fuoco le cause profonde  su cui è necessario intervenire  a partire dalla centralità del lavoro, dove le pari opportunità possono essere  raggiunte  se c’è un ripensamento collettivo sul portato delle donne, che saranno motore di crescita e sviluppo sostenibile, solo se potranno esprimere al massimo tutta la loro potenza, senza discriminazioni.

Grazie a Radio Radicale, potete  trovare qui il video del mio intervento, di cui riporto una trascrizione testuale qui di seguito.

Buongiorno grazie di essere qui, e grazie a Pierfrancesco Majorino che ci ha chiamato a raccolta per confrontarci,  nel caso di questo panel di cui faccio parte,  sulle politiche necessarie per il riscatto sociale, per il lavoro, per un nuovo sviluppo.
Come ci richiama spesso Pierfrancesco Majorino,  non lo possiamo fare senza mettere al centro il valore delle persone, riconoscendo il valore delle differenze, delle donne e degli uomini
E allora dobbiamo dirci con grande sincerità che, dal punto di vista del riconoscimento del valore, le donne sono meno uguali degli uomini.
E su questo dobbiamo impegnarci e molto.
A partire dal lavoro dove c’è grande disparità,  a cui dobbiamo rimediare al più presto, ce lo dicono  l’ONU e la UE e anche Nicola Zingaretti,  che ieri si è preso un impegno.
Nel lavoro la disuguaglianza tra i generi è evidente: le donne lavorano meno e guadagnano meno; e questo divario economico si trascina nel corso di tutta la loro vita, portando a pensioni inferiori,che hanno come conseguenza un maggiore rischio di povertà in età avanzata. 
Guadagnano meno, non su base oraria – perché per legge dobbiamo essere pagate allo stesso modo – ma in un anno, in una vita, perché il loro percorso è più discontinuo, perché fanno meno straordinari, lavorano di più a partime, spesso involontario, perché non lo scelgono. Perché fanno meno carriera, perché raggiungono meno i vertici.
Di contro hanno più responsabilità di cura e il sistema di welfare si scarica spesso sulle loro spalle: perché ci sono pochi servizi territoriali o ancora poco accessibili: pochi asili nido, poco tempo pieno nelle scuole , poche strutture assistenziali per gli anziani.
Lo dico da un punto di vista privilegiato quello della Lombardia dove il tasso di occupazione femminile supera il 60%, ma il divario persiste.
Per ridurre il divario nella buona occupazione e nella retribuzione, non basta limitare il danno, accontentandoci di  proporre e praticare politiche compensative di welfare, per lo più delle politiche di conciliazione declinate unicamente al femminile.
Su questo dobbiamo fare un cambio di passo,  e oltre ad agire sugli effetti  dobbiamo combatterne le cause  a partire dallo  SQUILIBRIO NELLA RESPONSABILITÀ DI CURA.
C’è un patto secolare, sociale e culturale, che attribuisce questa responsabilità soprattutto alle donne. Ma non vale più in una società che è profondamente cambiata, dove le donne rivestono tutti i ruoli possibili, hanno studiato e si diplomano e laureano prima e meglio dei loro coetanei.
C’è bisogno di un  nuovo patto, una nuova alleanza tra uomini e donne, fondata su una equa condivisione delle responsabilità di cura.
Dovremmo usare di più la parola condivisione.
E dobbiamo essere noi come forze progressiste a creare le condizioni di questo nuovo rapporto alla pari.
Sia con strumenti legislativi coraggiosi  che comprendano per esempio più ampi congedi parentali obbligatori ai padri, e  investimenti sul welfare di prossimità.
Sia favorendo un’azione collettiva di cambiamento culturale, che  non può che  partire dall’educazione, dalla scuola dei più piccoli e delle più piccole.
Ma  lo squilibrio nella responsabilità di cura non è l’unico ostacolo alla parità retributiva.
Se a tre anni dalla laurea, quando non c’è maternità o carico di cura che tenga li stipendi delle donne sono già inferiori è evidente che le donne patiscono uno STEREOTIPO IN QUANTO DONNE. Questo ci dice che non dobbiamo occuparci non solo delle madri, ma anche di chi non lo è ancora o non lo sarà, delle donne tutte.
E a proposito di stereotipi non dimentichiamoci che persistono anche nell’orientamento agli studi,  e che  vanno contrastati incoraggiando di più le ragazze   verso percorsi STEM scienza tecnologia, ingegneria, matematica.
La disuguaglianza non è solo un tema di discriminazionema anche di MANCATA CRESCITA: non sappiamo valorizzare il nostro capitale migliore, su cui abbiamo investito, e non lo sanno valorizzare le imprese, tutti inconsapevoli di quanto il mancato PIENO APPORTO delle donne rallenti crescita e competitività.
Un piccolo inciso, non secondario: investire sul lavoro delle donne è anche una forma di SICUREZZA SOCIALE perché donne economicamente indipendenti non saranno costrette a subire violenza e prevaricazioni ma avranno maggiori possibilità di sottrarsi, perché una delle cause  principali della violenza è la violenza economica.
Il Gender Pay Gap è una spia di come la donna sta nel mercato del lavoro, e la parità retributiva è UNA delle finestre da spalancare con interventi a più livelli.
E’ necessario  un pensiero organico,  che si traduca in politiche strutturali, una sorta di WOMEN NEW DEAL, per la parità delle donne, a partire da quella nel lavoro.
Un pensiero capace di tenere insieme cambio di paradigma, cioè una nuova alleanza tra i generi), lotta allo stereotipo, formazione, opportunità di lavoro, contrasto al lavoro povero, previdenza sociale.
È una sfida che non può essere solo della politica ma che interroga tutte e tutti (sindacati, imprese, istituzioni, università, civismo), coinvolti verso la realizzazione in prima persona verso lo stesso obiettivo.
Mi piacerebbe sapere da Aldo Bonomi, che ha citato la necessità di un “intelletto collettivo sociale”,  quale ruolo può avere  questo nuovo patto di alleanza tra uomini e donne.
Perché io penso che sia determinante per una società che supera il rancore, perché contribuirebbe a creare  una società più giusta.
Così come penso sia fondamentale tenere dentro le nuove italiane in questo processo di empowerment femminile, e forse Abubakar  Soukamaoro ci  può aiutare a capirne  i risvolti.
E caro ministro Provenzano le donne sono un motore primo formidabile, in tutte le latitudini, in tutte le velocità sociali: puntiamo su di loro per agire il riscatto di tutti i territori .
Se tutti ci impegneremo, ognuno a suo modo, e ognuno facendo la propria parte,  per il superamento di questa di disuguaglianza, allora avremo davvero uno sviluppo sociale sostenibile, perché staremo meglio tutti, uomini e donne.
Grazie.”
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Rapporto ISTAT 2018 – su Conciliazione e Lavoro

novembre 22, 2019 § Lascia un commento

 

Report Conciliazione lavoro e famiglia anno 2018 dell’Istat

Dal Rapporto ISTAT sui dati del 2018 riguardanti Conciliazione e lavoro, risulta che più del 10 % delle donne con un figlio non ha mai lavorato (la media europea è del 3,7%). A dirlo il Report Conciliazione lavoro e famiglia anno 2018 dell’Istat.

Al Sud la percentuale aumenta: è una donna su cinque a non  aver mai lavorato pwer occuparsi della cura dei figli.

Ma non è solo avere un figlio che frena la scelta (e la possibilità di lavorare) al Sud,  se il 12, 1 % delle donne (la media italiana è del  6,3% quella europea del  4,2%) dice di non lavorare per altri motivi non legati alla cura dei figli .

Grandi differenze tra occupate e non a secondo del titolo di studio,  la mancata partecipazione al mondo del lavoro è decisamente più bassa tra le donne laureate,  mentre è più alta la quota di quelle che hanno avuto una interruzione lavorativa.

 

 

Quasi un quarto degli occupati con figli al di sotto dei 14 anni, soprattutto le donne, ha dichiarato che ha cambiato qualcosa nel suo  lavoro (cambio lavoro, riduzione oraria etc) per occuparsi dei figli.

Il 38,3% delle madri occupate, più di un milione, ha dichiarato di aver cambiato modalità, contro poco più di mezzo milione di padri (11,9%).

La quota è più alta tra le occupate residenti al Centro-nord (41%), tra quelle con due o più figli minori di 15 anni (41,2%) o con figli in età prescolare (42,6%).

“Nel 2018, 12 milioni 746 mila persone tra i 18 e i 64 anni (34,6%) si prendono cura
dei figli minori di 15 anni o di parenti malati, disabili o anziani. Tra queste, quasi
650 mila si occupano contemporaneamente sia dei figli minori sia di altri familiari.
Fra i genitori occupati con figli minori di 15 anni il 35,9% delle madri e il 34,6% dei
padri lamentano problemi di conciliazione tra il lavoro e la famiglia.
Poco meno di un terzo dei nuclei familiari con figli minori usa i servizi, il 38% conta
sull’aiuto di familiari, soprattutto dei nonni, oppure di amici.” (ADNKRONOS, novembre 2019)

Fai clic per accedere a Report-Conciliazione-lavoro-e-famiglia.pdf

Divario Zero – Incontro promosso dal coordinamento donne di Fiscam CGIL Milano

giugno 12, 2019 § Lascia un commento

Ieri, martedì 11 giugno, presso la Camera del Lavoro di Milano, ho partecipato alla tavola rotonda del  seminario “DivarioZero”, raccontando il percorso di approfondimento che ho condotto in Regione Lombardia e che mi ha portato a elaborare un progetto di Legge regionale sulla parità retributiva.

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Il seminario è stato promosso dal gruppo di lavoro “Articolo 37” del Coordinamento Donne milanese e lombardo, che richiamandosi alla Carta Costituzionale, rivendica per la donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni del lavoratore.
“Attraverso la lettura dei Rapporti Pari Opportunità delle proprie aziende di appartenenza, le partecipanti al gruppo di lavoro hanno gettato uno sguardo di genere sul settore, comparando alcune aziende bancarie e assicurative di diverse dimensioni, per indagare se le donne godano in effetti delle stesse opportunità di carriera e di salario rispetto ai loro colleghi.”

Il seminario è stata l’occasione per  discutere e confrontarsi sui risultati della ricerca con figure istituzionali come le Consigliere di Parità, e attori sociali, come la Responsabile del Centro Donna della Camera del Lavoro di Milano e le Segretarie confederali e di categoria a diversi livelli dell’organizzazione.

E’ sempre più necessario stabilire alleanze  per conseguire una maggiore equità di trattamento, con una pluralità di interventi, sindacali, giuridici, legislativi, oltre che culturali.

“Bisognerebbe trovare anche il modo di ingaggiarle in una competizione positiva, che utilizzi le leve della produttività e quella reputazionale, sostituendole alla solita consunta politica di riduzione dei costi.”
paola cattedrastretta

In Regione con me – Parità Retributiva: Il Mio Progetto Di Legge – La mia Newsletter del 13 maggio

Maggio 15, 2019 § Lascia un commento

La mia newsletter del 13 maggio con focus sul Progetto di Legge per la Parità Retributiva.

Potete iscrivervi alla newsletter inserendo la vostra mail nel mio sito: www.paolabocci.it

 

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Intervento in aula di Consiglio Regionale_ 26.3.2019

marzo 28, 2019 § Lascia un commento

Proposta di risoluzione n. 19 “Programma di lavoro della Commissione europea – anno 2019 – e politiche dell’Unione europea di maggiore interesse per il tessuto socio-economico lombardo”.

(Argomento n. 2 all’ordine del giorno)

 

BOCCI Paola

 

Grazie per la “Consigliera”, visto il tema che tratterò.

Credo, come ha già detto il Capogruppo Pizzul, che la Lombardia abbia in questo caso un’occasione di essere protagonista nelle indicazioni da dare sul Programma della Comunità Europea.

Ho visto la risoluzione, l’ho letta con attenzione e condivido la priorità  di insistere sulla promozione dell’occupazione e del lavoro. Noto con disappunto, come è stato detto in altri passaggi della risoluzione, che tra i gruppi sociali, tra le persone che vanno incoraggiate ad entrare nel mercato del lavoro ci sia una dimenticanza importante: le donne.

Credo che Parlamento e Commissione Europea in realtà in questi anni abbiano fatto molto e la Lombardia, che è la prima Regione in Italia per donne occupate, dovrebbe  sostenere con convinzione, con forza questa linea.

Descrivo in breve alcuni emendamenti che abbiamo presentato, tra cui quello a cui tengo maggiormente è quello che invita la Comunità Europea ad appoggiare e ad attuare interventi strutturali che promuovano l’occupazione femminile e la riduzione del divario salariale tra i generi, consolidando alcune direttive che sono già in essere in Commissione europea. A breve andrà in approvazione una direttiva sul Work Life Balance e sul contrasto al divario salariale. Credo fortemente che il divario retribuivo, e quello occupazionale, non siano solo ingombranti e negativi per la popolazione femminile, lombarda e italiana, ma per l’intero sistema occupazionale del Paese e, dirò di più, per la possibilità di aumentare il reddito interno del nostro Paese e quindi anche della Lombardia.

Altri due emendamenti sono relativi all’attenzione che si dà alle direttive e al comparto culturale. A breve anche in Commissione europea arriverà la definizione di quanto possa essere investito da parte dell’Europa nel Programma di “Europa creativa” e auspichiamo che ci sia un aumento dei finanziamenti in questa direzione. Lo pensiamo anche relativamente alla Lombardia, perché è la prima regione per imprese ad attività culturale e quindi chiediamo che ci sia un intervento più decisivo sullo strumento di garanzia dei prestiti, perché così si possono incoraggiare le piccole imprese nella loro attività culturale. Chiediamo che ci sia un intervento più circostanziato su quello che è il comparto dell’audiovisivo che anche in Lombardia è trainante ed è motivo di sviluppo per la nostra Regione.

Ha già fatto riferimento Usuelli alla criticità nell’utilizzo dei bandi europei, nella valorizzazione dei bandi operativi regionali che si confrontano con i finanziamenti europei. Facciamo in modo che nulla vada sprecato, ma che vengano utilizzate tutte le risorse.

Un ultimo riferimento lo voglio fare relativamente al mondo del volontariato. Credo che Lombardia, che ancora una volta si avvale di una grande presenza e competenza di tutto il mondo del volontariato e del terzo settore, debba chiedere all’Europa di promuovere percorsi che raggiungano anche i più svantaggiati, i ragazzi che hanno meno possibilità, per includerli in percorsi strutturati e favorire la loro partecipazione ad attività sociali che coinvolgono il volontariato e la circolazione dei volontari in tutta l’Europa, favorendo lo scambio e offrendo la possibilità ai giovani di poter aderire al servizio volontario europeo anche nelle amministrazioni pubbliche.

 

La flat tax scoraggia il lavoro delle donne

marzo 25, 2019 § Lascia un commento

La flat tax, fortemente voluta dalla Lega e di imminente introduzione in Italia, è una tassa che prevede un’aliquota unica fissa del 15% sui  guadagni, per partite Iva  e  lavoratori autonomi che hanno dichiarato, nel 2018, compensi non superiori a 65mila euro. Costerà allo Stato in gettito fiscale perso,  circa 17 miliardi.

La nostra Costituzione prevede (art. 53) che il sistema tributario sia uniformato da criteri di progressività della tassazione, con la capacità contributiva del cittadino:

( “Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.“).

Le attuali detrazioni fiscali Irpef verrebbero totalmente abolite ed assorbite dalla nuova deduzione fissa di 3.000 euro calcolata in base al numero di componenti del nucleo familiare ed al reddito complessivo dichiarato, cioè più figli hai, più risparmi in tasse. Saranno infatti previste delle detrazioni per i figli: 1.000 euro per ogni figlio a carico con più di 3 anni e 2.000 euro per ogni figlio a carico con meno di 3 anni.

E’ una misura fiscale che favorisce le famiglie  monoreddito, e scoraggia il lavoro, soprattutto quello delle donne.

Le famiglie  che traggono maggiore vantaggio da questo sistema di tassazione sono  infatti quelle con un solo reddito poco inferiore ai 50 mila euro. Il reddito di queste famiglie oggi ha una tassazione del 38% . A parità di reddito familiare, poi, il guadagno d’imposta è molto più forte per le famiglie monoreddito che per quelle in cui entrambi i partner lavorano.

“Guadagnano inoltre solo le monoreddito con reddito medio-alto: se c’è un solo reddito di 20mila euro non cambia nulla. In sintesi, per il 20 per cento più ricco e per il 20 per cento più povero delle famiglie cambierebbe poco o nulla, mentre il 60 per cento centrale guadagnerebbe tra i 1.000 e i 1.300 euro all’anno. Si perderebbero però tutte le attuali detrazioni. (…) Con il sistema previsto dal governo, nel 2020 succederebbe questo: se solo uno dei due coniugi lavora e guadagna 40 mila euro, la famiglia paga con la flat tax 5.100 euro (assumendo una deduzione di 3 mila euro per componente), ma se il partner disoccupato comincia a lavorare e guadagna 15 mila euro, il reddito familiare diventa 55 mila euro e tutti passano a tassazione individuale. Il primo coniuge paga 11.903 euro, il secondo 926, per un totale di 11.903. Il reddito familiare è aumentato di 15 mila euro e l’imposta totale di 6.803, per un’aliquota marginale del 45 per cento. Insomma, se il partner oggi disoccupato è indeciso se cominciare a lavorare o no, con l’Irpef di oggi sa che sui 15 mila euro guadagnati se ne pagherebbero solo 926 in Irpef, mentre con l’imposta mista familiare-individuale nel 2020 l’Irpef della famiglia aumenterebbe di 6.803 euro. L’incidenza media dell’Irpef, se il secondo membro comincia a lavorare, con l’Irpef di oggi scenderebbe da 26 a 22 per cento, con l’imposta mista del 2020 aumenterebbe dal 13 al 22 per cento.

Tabella 2

Possiamo leggere questi dati anche in un altro modo: cosa succede alla famiglia bireddito se il membro che oggi guadagna 15mila euro smette di lavorare? Con le regole attuali la famiglia perderebbe 13.384 euro, con l’Irpef 2020 ne perderebbe solo 8.197. Il secondo reddito da lavoro in famiglia diventerebbe meno importante.

Si ripropone lo stesso problema della fase 1. La flat tax per gli autonomi li incentiva a non dichiarare un fatturato superiore ai 65mila euro, altrimenti passano dal 15 per cento all’Irpef progressiva. La flat tax della fase 2 spinge le famiglie a non superare i 50mila euro di reddito, altrimenti passano dal 15 per cento all’Irpef progressiva. Un incentivo a restare piccoli o a non dichiarare aumenti di reddito, per le donne a restare a casa.”*

(*dall’ Articolo di Massimo Baldini e Leonzio Rizzo su LaVoce del 19.3.2019)

 

Qui l’approfondimento di Corsera con DATA ROOM  di Milena Gabanelli

https://www.corriere.it/dataroom-milena-gabanelli/flat-tax-quali-categorie-ci-guadagnano-davvero/0332ba98-4cbd-11e9-aa51-4cb365c9ed6c-va.shtml

 

 

Cosa c’è dietro il Congresso di Verona?

marzo 24, 2019 § Lascia un commento

Paolo Biondani e Francesca Sironi firmano su L’Espresso del 24 marzo (2019032441636069 (1) , un articolo inchiesta che scava intorno a chi finanzia i movimenti aderenti al Congresso per le Famiglie di Verona, evidenziando che il sostegno a questi movimenti religiosi arriva da  ingenti finanziamenti segreti provenienti  dalla  Russia e da cordate di tesorerie offshore.

Il World Congress di Families, che si terrà dal 29 al 31 marzo, dietro l’apparente e innocua intenzione di sostenere le famiglie in difficoltà, è in realtà un raduno delle forze di destra più integraliste e oscurantiste, che nasconde intenti più subdoli e pericolosi, che costituiscono un attacco ai diritti e alle libertà duramente conquistati.

Gli Stati Generali delle Donne di Verona (che hanno organizzato un incontro per contrastare) hanno già pubblicato  con l’iniziativa #smascheriamoli l’elencazione puntuale dei principi e  obiettivi del movimento AgendaEuropa , (traduzione italiana a cura di SNOQ Torino)  i cui partecipanti fanno parte del Comitato di Direzione del World Congress of Families.  Agenda Europa è una rete internazionale che raccoglie e rende espliciti gli obiettivi politici dei movimenti reazionari in Europa che negano i diritti umani in materia di sessualità e riproduzione (dal divieto a contraccezione e interruzione volontaria di gravidanza, la volontà di abolizione delle unioni civili e del divorzio).

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Ho sottoscritto con convinzione questo Manifesto “VERSO GLI STATI GENERALI DELLE DONNE” realizzato da Cgil, Cisl, Uil di Verona, dal gruppo Donne democratiche e le Associazioni Telefono Rosa di Verona, Isolina e…, Il Melograno, Il Filo di Arianna e AIED e il movimento civico Traguardi.Schermata 2019-03-25 alle 00.40.47.png

Sabato 30 alle ore 10 presso il cinema KappaDue ci sarà un incontro in cui interverranno Laura Boldrini, Monica Cirinnà, Susanna Camusso, Franca Porto, Ivana Veronese, Livia Turco, Cristina Simonelli, Lucia Annibali, Martina Dell’Ombra e altre importanti ospiti,  entreremo nel merito del DDL Pillon, della piena applicazione della legge 194, delle conquiste dei diritti civili, di politiche per la famiglia e per il lavoro.

Questo incontro ha il senso di continuare a tenere salda la rete di chi difende diritti civili e libertà delle donne, soprattutto per difendere i  diritti faticosamente conquistati dalle generazioni precedenti.
Al Manifesto Verso gli Stati generali delle donne,è semplice aderire sottoscrivendolo a questo link.

Sarò a Verona sabato 30 marzo, con gli Stati Generali delle donne di Verona “Libere di scegliere, e tanti  e tante saranno con noi.

 

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